VI. Maria e la Liturgia

 

CAPITOLO VIII

 

LA "MARIALIS CULTUS" DI PAOLO VI E LA PRESENZA DI MARIA

NEL CALENDARIO LITURGICO DELLA CHIESA

1. L’esortazione apostolica "Marialis cultus" di paolo VI

2. La presenza di Maria nel Calendario liturgico della Chiesa

3. come celebrare le feste mariane

 

1. L’esortazione apostolica "Marialis cultus" di paolo VI

Il 2° febbraio 1974 il papa Paolo Vi pubblicò l’esortazione apostolica Marialis cultus per il retto ordinamento e sviluppo del culto della Beata Vergine. Essa giunse inattesa, ma si inseriva nel contesto del magistero mariano di Paolo VI che già aveva mostrato il suo grande interesse per la pietà mariana con documenti precedenti.

Vi era necessità di questo nuovo documento mariano? A distanza di tempo dobbiamo dire di si perché i precedenti non avevano affrontato alcune questioni della pietà mariana della Chiesa che in quel momento erano di viva attualità.

1.1. Il contesto storico della "Marialis cultus"

E’ il vivace decennio postconciliare (1965 – 1975) di cui si deve tenere in conto per comprendere il documento

1.1.1. Il Concilio Vaticano II

La Marialis cultus accoglie e ripropone gli indirizzi fondamentali in fatto di dottrina e di pietà mariana del Concilio, anche se non è una semplice ripetizione del Cap. VIII. L’accordo con il Concilio si fonda sul convincimento che la venerazione della Madre di Dio è fondata sul ruolo da lei avuto nella fase storica dell’evento Cristo e che ancora continua con la sua intercessione celeste e sul fatto che tale venerazione si esprime in modo naturale ed eminente nella celebrazione liturgica dei misteri della salvezza.

1.1.2. L’origine remota

Occasione remota fu la richiesta del P. Patrik Peyton fatta nel maggio del 1970 al Papa perché dichiarasse preghiera liturgica il Rosario, un modo per arginare il malessere che si era creato attorno alla pietà mariana e la sua inspiegabile quanto generalizzata flessione negativa. Il papa seguiva la crisi e aveva anche denunciato nello stesso anno, in un suo discorso al Santuario di Bonaria in Sardegna, la diminuita devozione e la pericolosa esitazione nel renderle il culto dovuto a Maria.

1.1.3. Il rinnovamento liturgico nel decennio 1964 – 1974

La Marialis cultus è anche collegata con il rinnovamento liturgico e la riforma del calendario liturgico romano che fu accusata da più parti di essere chiaramente antimariana e la causa del raffreddamento del culto verso la B. Vergine.

1.1.4. Il decennio del silenzio mariologico (1964 – 1974)

Il decennio della riforma liturgica coincise anche con il decennio del silenzio su Maria che corrispose ad una sorprendente e preoccupante crisi mariologico. La mariologia è rifiutata e scompare dai trattati teologici dei teologi progressisti e non riesce a rinnovarsi in quelli dei tradizionalisti. Mentre il popolo continuava a venerare la Vergine, la crisi colpiva i chierici, i gruppi ecclesiali impegnati, l’élites intellettuali per cui più rara divenne la predicazione sulla Vergine, più scarsi i pii esercizi in suo onore, più tenue l’invito ad imitare i suoi esempi, più contenute le manifestazioni della gioiosa coscienza di essere suoi figli. Una situazione davvero paradossale: mentre il Concilio esortava a promuovere generosamente il culto liturgico verso la B. Vergine e sollecitava tutti ad avere in grande stima le pratiche e i pii esercizi in suo onore, il risultato di tutto fu la preoccupante flessione del culto mariano.

1.1.5. La responsabilità del un Pastore

Paolo VI avvertì tutta la gravità della situazione che non corrispondeva affatto alle intenzioni del Concilio, né alle sue personali. Incurante dell’opposizione di alcuni padri, subito dopo la promulgazione della Lumen Gentium proclamò Maria Madre della Chiesa e pellegrinò nel 1967 a Fatima in occasione del 50 anniversario delle apparizioni. Egli era colpito soprattutto dall’accusa che era stata la riforma liturgica da lui voluta e promulgata ad aver causato la flessione nella pietà verso la Madre del Signore. La Marialis cultus fu la risposta serena, pacata, senza toni polemici e senza nessuna intenzione apologetica a tutte queste problematiche.

1.1.6. I risultati di un’analisi

Il papa compie una rassegna dei contenuti mariani dei libri restaurati della liturgia romana: il Calendario, il Messale, il Legionario, La Liturgia delle ore, i rituali per la celebrazione dei sacramenti, della professione religiosa, delle esequie, ecc. Una rassegna rapida ma che gli offrì una confortante constatazione: la riforma aveva considerato con adeguata prospettiva la Vergine nel misero di Cristo e le aveva riconosciuto il posto singolare che le compete nel culto cristiano, quale Madre di Dio e alma socia del Redentore. Confortato da questa constatazione, il papa si considerò libero di poter proporre le sue considerazioni e le direttive atte a favorire il legittimo sviluppo della venerazione verso Maria.

 

1.2. Prevalenza dei principi

Pur essendo legata, come abbiamo appena visto, ad un preciso contesto storico, la Marialis cultus risulta sorprendentemente attuale, fresca e in molti punti per nulla sorpassata. Questo è forse dovuto al fatto che l’esortazione non ha voluto essere un prontuario di consigli o soluzioni pratiche per risolvere i problemi della pietà mariana, ma un’esposizione dei principi teologici e liturgici che ne mostrano la validità e ne assicurano lo viluppo.

1.2.1. Primato della Liturgia

La Marialis cultus assume la Liturgia come punto di partenza perché nella sua trama celebrativa incontra nel modo più alto significativo la Vergine. La Liturgia è infatti:

- celebrazione del Mistero di Cristo al quale è indissolubilmente congiunta la Vergine di Nazaret

- azione della Chiesa di cui Maria è il membro sovreminenze e del tutto singolare

- celebrazione sacramentale della storia della salvezza nei cui momenti essenziali la vergine è presente: nel momento profetico, nel momento della pienezza come avvenimento, nel momento del prolungamento come intercessione materna e come immagine escatologica

- luogo di sintesi di esperienze cultuali, dove si incontrano le più sublimi della pietà mariana, della sua fede e del suo genio letterario e artistico.

Da questa fondamentale impostazione liturgica derivano principi o corollari che illustrano aspetti vari della pietà mariana:

a) Principio dello sviluppo armonico e subordinato: ad ogni sviluppo autentico del culto cristiano consegue necessariamente un corretto incremento della venerazione alla Madre del Signore;

b) Principio dell’esemplarità del culto liturgico: la Liturgia, per il suo preminente valore cultuale, costituisce una regola d’oro per la pietà cristiana, per cui nessuna azione della Chiesa ne uguagli l’efficacia allo stesso titolo e allo stesso grado;

c) Principio della valutazione delle feste mariane: al posto singolare di Maria nel piano della salvezza, corrisponde anche un culto singolare per lei. Ne consegue però che bisogna dare assoluta precedenza a quelle celebrazioni mariane che commemorano eventi salvifici, in cui la Vergine fu strettamente associata al Figlio. Non è quindi una questione numerica di quante feste mariane ci sono nell’anno liturgico, ma l’essenziale è che la Liturgica, celebrando il mistero di Cristo, metta in luce la partecipazione intensa e molteplice della Madre all’opera salvifica del Figlio.

1.2.2. Un unico culto cristiano in un’unica compagine ecclesiale

Una delle questioni più delicate del culto mariano è la sua collocazione nell’ambito del culto cristiano.

a) Un unico culto cristiano: la pietà mariana non può evidentemente costituire un sistema chiuso in se stesso con i suoi ritmi, le sue strutture, le sue feste e le sue raccolte ecologiche. La sua bellezza è nell’essere una pietà di comunione e di raccordo, che da una parte confluisce verso Dio, dall’altra verso l’uomo, per questo deve essere pienamente inserita nell’alveo dell’unico culto cristiano che trae origine ed efficacia da Cristo e per mezzo di Cristo, nello Spirito, conduce al Padre. Maria è strettamente legata a Cristo e la sua cooperazione all’evento Cristo non è marginale, ma fa parte essenziale del mistero della salvezza;

b) Un’unica compagine ecclesiale: la venerazione alla Vergine, come si rapporta necessariamente al mistero di Cristo, così è strettamente legata al mistero della Chiesa, per cui anche la nota ecclesiologica deve distinguere la pietà mariana. E’ necessario, afferma il papa, che con gli esercizi di pietà con cui i fedeli esprimono la loro venerazione alla Madre del Signore manifestino in modo cospicuo il posto che essa occupa nella Chiesa. Maria non è sopra la Chiesa, ma nella Chiesa e della Chiesa è simultaneamente Madre e membro eminente, per cui è il vertice della comunione dei santi che unisce la chiesa terrestre a quella celeste. La sua è una presenza orante e di intercessione ed una presenza esemplare;

c) Il profondo rapporto Maria – Chiesa, sorgente di culto: La Vergine e la Chiesa sono perciò indissolubilmente unite e tra di loro sussiste un costante e molteplice rapporto. I molteplici rapporti si traducono nella Chiesa anche in atteggiamenti cultuali verso la Madre di Dio e cioè dall’esperienza in cui la Chiesa sperimenta la presenza di Maria come sua Avvocata ed Ausiliatrice, nasce la venerazione verso di Lei, madre spirituale delle membra di Cristo. La pietà mariana non nasce da fattori esterni ma da un’esperienza ecclesiale e personale, guidata e sorretta dalla fede.

1.2.3. L’esemplarità della Beata Vergine

a) Esemplarità nell’esercizio del culto ecclesiale: Maria è il modello, secondo il papa, dell’atteggiamento con cui la Chiesa celebra e vive i divini misteri. La Chiesa, cioè, deve celebrare i divini misteri con le disposizioni interiori di fede, di speranza, di carità e di unione a Cristo che furono in sommo grado nella Vergine di Nazaret, donna dal canto puro e santo e dall’oblazione generosa e santa. Maria viene presentata dal papa come Vergine dell’ascolto, Vergine orante, Vergine partoriente, Vergine offerente;

b) Esemplarità della Vergine nel culto della vita: Maria non è solo modello del culto rituale della Chiesa, ma è anche prototipo di quel culto spirituale che consiste nel fare della propria vita un’offerta a Dio. Con il suo fiat a Dio, Maria è per tutti i cristiani lezione ed esempio per fare dell’obbedienza alla volontà del Padre la via e il mezzo della propria santificazione.

1.2.4. Principi teologici

Nella seconda parte, Paolo VI indica alcuni principi per il rinnovamento della pietà mariana. Esse sono tre note e quattro orientamenti

- Note: trinitaria, cristologia ed ecclesiologica

- Orientamenti: biblico, liturgico, ecumenico, antropologico

a)Tradizione ecclesiale e istanze del nostro tempo: Anche la pietà mariana deve rispondere alle istanze del nostro tempo e rinnovarsi perché non sfugge alla legge generale del culto cristiano che deve essere sempre in contatto con la tradizione, quale momento vivificante e garanzia della propria identità e nondimeno deve essere anche sempre attento alla situazione del mondo contemporaneo, spazio in cui si svolge e dove raggiunge il suo scopo di glorificare Dio e di cooperare alla salvezza dell’uomo. Inoltre la pietà mariana autentica è l’ambito in cui fioriscono la lode schietta e la supplica fiduciosa alla Vergine, l’imitazione delle sue virtù, ma anche spazio in cui ci si apre alla comunità ecclesiale e sociale, all’impegno per la pace, alla cultura della vita, alla tutela della dignità umana, alla promozione della donna, alla causa dell’unione dei cristiani, alla lotta contro la fame ecc. Essa è inoltre un fattore che concorre alla formazione dei veri discepoli di Cristo.

b) Quale pietà mariana: il papa condanna, come fece il Concilio il massimalismo e il minimalismo, la falsa esagerazione ma anche la grettezza di mente. Egli propone un culto mariano che sia:

- solido nel suo fondamento

- obiettivo nell’inquadramento storico per cui deve essere eliminato ciò che è manifestamente leggendario o falso

- adeguato al contenuto dottrinale, donde la necessità di evitare una presentazione unilaterale della Vergine

- limpido nelle sue manifestazioni per cui sarà tenuto lontano ogni interesse.

 

1.3. Conclusione

La Marialis cultus non è stata fatta oggetto di grandi commenti anche se, dopotutto, ha avuto anche in ambienti protestanti una positiva accoglienza. A questo hanno contribuito il tono pacato, il linguaggio persuasivo, l’organicità della trattazione, l’apertura al dialogo, la volontà di armonizzare le esigenze della tradizione con le istanze del mondo contemporaneo. Inoltre l’esortazione apostolica raggiunse gli obiettivi che il papa si era preposti: dissipò i dubbi sulla pietà mariana, mostrandone i fondamenti biblici e teologici, nonché l’efficacia pastorale; ridiede dignità alla pietà mariana, rilevandone il posto nell’ambito del culto cristiano; offrì valide direttive per il corretto ordinamento e sviluppo del culto verso la Santa Vergine. La Marialis cultus conserva ancora oggi una inconsueta vitalità ed è un costante punto di riferimento per le questioni riguardanti la pietà mariana. Le citazioni di essa, anche nei documenti successivi del magistero sono molto frequenti. Molti studiosi hanno definito il documento come il più importante di Paolo VI, ma anche uno dei più significati del magistero della Chiesa di tutti i tempi.

2. La presenza di Maria nel Calendario liturgico della Chiesa

Il dato dottrinale ci insegna, come appena visto, che la Vergine Maria ha partecipato intimamente alla storia della salvezza, attivamente presente, in modo vario e del tutto unico, ai misteri della vita di Cristo. La Chiesa celebrando, quindi, i misteri a cui Maria fu associata, fa viva e costante memoria anche del ruolo da lei avuto nella storia della salvezza. La parte avuta da Maria nel mistero dell’Incarnazione, della nascita, della manifestazione di Cristo e la partecipazione della Madre al mistero pasquale del Figlio e al costituirsi della Chiesa mediante il dono dello Spirito, costituiscono i cardini della presenza di Maria nella celebrazione dell’Anno liturgico e i motivi – chiave sprigionanti l’atteggiamento cultuale della Chiesa.

2.1. Evoluzione storica delle feste mariane

La presenza di Maria nella celebrazione liturgica è antecedente all’esistenza di feste mariane specifiche. Nei primi secoli della Chiesa non si può parlare di un culto alla Vergine inteso in senso diretto e distinto, ma si Maria si fa "memoria" all’interno della celebrazione del mistero di Cristo. Inoltre al loro sorgere le feste della Madre di Dio sono delle anamnesi della storia della salvezza e solo più tardi esse assumeranno un’accentuazione che tenderà a far risaltare la persona della Vergine considerata in sé e prenderanno uno sviluppo progressivamente indipendente, anche se la prospettiva resterà sempre di tipo storico – salvifico. Solo nel medioevo subentrerà un moltiplicarsi disordinato e vistoso di feste, la cui crescita numerica è in proporzione inversa al valore. Abbandonato il percorso storico – salvifico ci si fermerà su privilegi, virtù, rivelazioni private, apparizioni ecc., dando origine a feste in cui la pietà spesso non illuminata sorpassa e mette nell’ombra la vera e autentica dottrina.

2.1.1. Feste mariane in Oriente

Il culto liturgico di Maria è nato a Gerusalemme e la festa del 15 agosto ne è il fondamento. Dopo essere stata celebrata a Kathisma, il luogo dove, secondo la tradizione, Maria si riposò nel suo viaggio verso Betlemme, essa fu trasferita, verso la fine del V secolo al Getsemani, nella basilica dove si venerava la tomba di Maria. La festa di Maria Theotkos, si trasformò in quella della Dormitio della Madre di Dio. Alla fine del VI secolo fu costruita una chiesa vicino alla Porta delle pecore, al nord del Tempio, sulle vasche dove si situa la guarigione dell’infermo di Betsaida (Gv 5,1-19). In questa chiesa si comincerà a celebrare il ricordo della nascita di Maria l’8 settembre. Sempre nel VI secolo fu dedicata a Maria una chiesa in prossimità del sagrato del Tempio, vicino alla Moschea di Al-Aqsa. In questa chiesa si comincerà a celebrare la festa della presentazione di Maria al Tempio, nel giorno della dedicazione del tempio avvenuta il 20/11/543. A queste prime feste si sono via via aggiunte quella detta delle Congratulazioni alla Madre di Dio (26 dicembre), dell’Annunciazione (25 marzo), dell’Incontro col vecchio Simeone (2 febbraio).

2.1.2. Feste mariane in Occidente

Negli anni immediatamente seguenti al Concilio di Efeso del 431, Papa Sisto III (432-440) fece edificare una basilica sull’Esquilino dedicata alla Madre di Dio e conosciuta come S. Maria Maggiore. Essa fu la prima delle chiese erette in Occidente e dedicate alla Vergine. Qui si cominciò a celebrare il 1 gennaio una festa del Natale di Maria che fu la prima festa di Maria nella liturgia romana. Nel corso del VII secolo vennero introdotte a Roma le quattro feste più importanti dell’Oriente e cioè quella del 2 febbraio, 25 marzo, 15 agosto, 8 settembre. Papa Sergio I (687-701), così come riferisce il Liber Pontificalis, ordinò che queste celebrazioni venissero accompagnate da una solenne processione che si partiva dalla chiesa di S. Adriano nel Foro Romano e arrivava fino a S. Maria Maggiore. Fino al secolo XIV queste furono le uniche feste mariane della liturgia romana. Nel corso dei secoli, fino ai nostri giorni, sono state istituite moltissime feste mariane. Ecco un breve schema che non le contiene tutte. Per alcune feste viene indicata la data di inserimento ufficiale nel calendario liturgico, anche se la loro origine è molto più antica:

ANNO

TITOLO FESTA

CELEBRAZIONE

PONTEFICE

1389

Visitazione della B.V. Maria

2 luglio

Urbano VI

1440

Concezione di Maria

8 dicembre

Sisto IV

1568

Dedicazione S. Maria ad nives

5 agosto

Pio V

1683

SS. Nome di Maria

Ottava Natività

Benedetto XVI

1696

S. Maria della Mercede

24 settembre

Innocenzo XII

1716

Estensione della festa del Rosario a tutta la Chiesa

7 ottobre

Clemente XI

1727

Addolorata

Venerdì prima delle Palme

Benedetto XII

1814

Estensione della festa della Madonna del Carmine alla Chiesa

16 luglio

Benedetto XIII

1907

B. V. di Lourdes

11 febbraio

Pio X

1931

Maternità di Maria

11 ottobre

Pio XI

1942

Cuore Immacolato di Maria

22 agosto

Pio XII

1954

Regalità di Maria

31 maggio

Pio XII

Esistono un’alta quantità di altre feste locali, impossibili da elencare. Ecco quelle più significative:

Traslazione S. Casa di Loreto

10 dicembre

Sposalizio di Maria

23 gennaio

B. Vergine del Buon Consiglio

26 aprile

B. V. Ausiliatrice

24 maggio

B. V. del Perpetuo Soccorso

Domenica prima del 24 giugno

Purità di Maria

III domenica d’avvento

Medaglia Miracolosa

27 novembre

Madonna di Fatima

13 maggio

2.2. L’attuale calendario delle feste mariane

Le feste mariane, oggetto di particolari attenzione nella riforma del Calendario Romano promulgato da Paolo VI il 14 febbraio 1969, sono attualmente queste:

 

SOLENNITA’

1 gennaio

S. Maria Madre di Dio

25 marzo

Annunciazione del Signore

15 agosto

Assunzione della B.V. Maria

8 dicembre

Immacolata Concezione della B.V. Maria

FESTE

2 febbraio

Presentazione del Signore

31 maggio

Visitazione della B. V. Maria

8 settembre

Natività della V. V. Maria

 

MEMORIE OBBLIGATORIE

22 agosto

B. V. Maria Regina

15 settembre

B. V. Maria Addolorata

7 ottobre

B. V. Maria del Rosario

21 novembre

Presentazione della B. V. Maria

MEMORIE LIBERE

11 febbraio

B. V. Maria di Lourdes

Ottava s. Cuore

Cuore Immacolato di Maria

16 luglio

B. V. Maria del monte Carmelo

5 agosto

Dedicazione S. Maria Maggiore

MEMORIE LASCIATE AI CALENDARI PARTICOLARI

12 settembre

SS. Nome della B. V. Maria

24 settembre

B. V. Maria della Mercede

11 ottobre

Maternità della B. V. Maria

Una nota del nuovo Calendario Romano, sottolinea che le principali feste proprie della B. Vergine, sono quelle che celebrano i misteri della sua vita: qui, infatti, la Chiesa contempla con gioia come in un’immagine purissima ciò che essa tutta desidera e spera di essere, ossia vede nella vita di Maria realizzato perfettamente il mistero pasquale di Cristo e anticipato pienamente il suo destino.

Per quanto riguarda le distinzioni delle feste diciamo che:

- Le solennità puntualizzano, per il massimo grado liturgico, le principali verità dogmatiche concernenti l’umile Ancella dei Signore;

- le feste e le memorie obbligatorie commemorano eventi salvifici della vita di Maria;

- le memorie libere sono feste di devozione, non commemorano, cioè un fatto salvifico ma piuttosto un suo aspetto o meglio un titolo della B. Vergine, ordinariamente frutto della riflessione teologica o della devozione locale.

3. come celebrare le feste mariane

3.1. Presenza di Maria nella celebrazione dei misteri di Cristo

Nella manifestazione religiosa dell’uomo, la celebrazione rituale costituisce il primo veicolo della sua esperienza di comunione con la divinità, attraverso la mediazione di segni – simboli. Nel contesto specifico dei cristiani, il loro celebrare liturgico è in stretto rapporto con un avvenimento del passato di cui si fa "memoria" o meglio "memoriale" e questo dentro un ambito di azione rituale fortemente comunitaria. La celebrazione di una festa cristiana e, in definitiva, un rendere presente, in modo ineffabile ma reale, nell’assemblea che agisce cultualmente, una realtà – divina o un fatto – di – salvezza del passato, perché il cristiano d’ogni tempo e d’ogni luogo possa concretamente percepirne i salutari benefici. E’ entrare mistericamente ma effettivamente nel piano di salvezza del Padre, facendo sì che l’evento – Cristo, da passato diventi presente e sia garanzia per il futuro. E’ un permettere al Padre di continuare oggi a scrivere con i fatti la sua "storia di salvezza" all’interno della nostra storia umana, perché il suo regno di compia.

Ora, celebrando festosamente il mistero di Cristo, la Chiesa non può trascurare i doni di grazia e il ruolo eccezionale che in esso ha avuto sua madre. Il Calendario liturgico offre non poche occasioni ed espressioni per commemorare direttamente, nell’ambito dell’anno liturgico imperniato su tutto il mistero di Cristo, la partecipazione e l’assimilazione del tutto che di esso ha realizzato la madre sua. Dalla presenza di Maria nel mistero di Cristo e dall’insolubile legame della madre col Figlio, si deduce che le feste del Signore hanno la loro compiutezza, adeguata alla storia della salvezza, nelle feste della B. Vergine Maria, così come le feste mariane trovano nell’armonizzazione con quelle cristologiche il loro senso più profondo e la loro collocazione più rigorosa nell’ambito del celebrare liturgico della Chiesa.

Le feste mariane non sono quindi un "festino" mondano, un’alienazione dalla vita vissuta e dalla storia, ma sono "vere celebrazioni liturgiche": di quella liturgia che è tutta imperniata sul mistero di Cristo, che lo rende presente sempre e dovunque seppure in forma cultuale – ministeriale e che lo abbraccia nella sua globalità senza dimenticanza alcuna.

Per essere in linea con quanto chiarito, le feste mariane, devono essere celebrate: con sfondo teologico e a dimensione misterico – salvifica; sui ritmi dell’anno liturgico; nella totalità dei formulari liturgici; proiettate nel culto di tutta la vita.

3.2. Celebrare le feste mariane con sfondo teologico e a dimensione misterico-salvifica

Il N.T. mette chiaramente in evidenza i molteplici rapporti che intercorrono tra Cristo e la Vergine Madre. Nel testo sacro Maria appare via via quale madre del Verbo incarnato, socia del Redentore, prima discepola che inaugura la Chiesa e di essa figura profetica, icona realizzata, modello esemplare e madre – mediatrice di grazia. Il Concilio Ecumenico Vaticano II, presenta con estrema vivezza l’inserimento di Maria nel piano redentivo divino e il suo ruolo nell’attuarsi progressivo della salvezza, collocandola a pieno titolo "nel mistero di Cristo e della Chiesa". La Vergine Maria, in questa prospettiva, non ha senso fuori dell’evento – Cristo e della sua celebrazione misterica da parte della Chiesa. Nessuna "devozione" e nessun culto "sentimentale" la possono "sequestrare" da questo suo alveo teologico e da questa sua "presenza liturgica", perché questo sarebbe uno svilirla, abbassarla al gioco della devozione, mentre celebrando Maria bisogna stare sempre "al gioco di Dio".

3.3. Celebrare le feste mariane sui ritmi dell’anno liturgico

Se l’Anno liturgico è celebrazione misterica e presenza sacramentale dell’evento globale di Cristo, esso rimane lo spazio privilegiato per il culto "soprattutto liturgico" della Madre del Signore. Qui le feste mariane, anziché chiuse entro angusti spazi di vicende personali, respirano armoniosamente e ampiamente nel contesto dell’avvicendarsi delle azioni salvifiche di Cristo e permettono a Colei che "dedicò e consacrò tutta se stessa quale ancella del Signore alla persona e all’opera del Figlio, servendo al mistero della redenzione sotto di Lui e con Lui" (LG 46), di essere ancora oggi presente ed operante nell’attuazione progressiva della salvezza, continuando la sua provvidenziale missione nei confronti degli uomini.

3.4. Celebrare le feste mariane nella totalità dei formulari liturgici

Con la celebrazione della messa, la Chiesa commemora, nel corso dell’Anno liturgico, i misteri della Redenzione, in maniera da renderli in certo modo presenti. Ora i formulari di una celebrazione eucaristica si ricavano da una duplice fonte: i testi eucologici del Sacramentario e le pericopi bibliche del Lezionario. Parola di Dio e supplica della Chiesa concorrono unitamente a calare nel vissuto liturgico il mistero celebrato. L’omelia, nel necessario riferimento alle letture bibliche proclamate o a un testo liturgico del formulario previsto, deve tenere un occhio sul messale e uno sul Lezionario. Per quanto riguarda le feste mariane questo è più che mai necessario, perché spesso sono proprio i formulari di preghiera a riflettere il meglio e il nuovo della teologia attuale, sempre in dimensione vitale. L’omelia può anche giustamente attingere ai testi propri della Liturgia delle ore, la quale estende alle diverse ore del giorno, le prerogative del mistero eucaristico: la lode, il rendimento di grazie, la memoria dei misteri della salvezza, la supplica e la pregustazione della gloria celeste. Solo questa "totalità" delle espressioni della nostra Liturgia può fornirci, con varietà di toni e con diversità di accenti, titte le dimensioni con cui la Chiesa tenta di calare nei segni liturgici, la poliedricità del mistero celebrato.

3.5. Celebrare le feste mariane in modo che entrino nel culto di tutta la vita

Celebrare la Vergine non può non avere conseguenze vitali per il cristiano. Il Vaticano II ammonisce che la vera devozione a Maria non consiste in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una vana credulità, ma procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio e siamo spinti ad un amore filiale verso la Madre nostra e all’imitazione delle sue virtù. (LG 67). La Vergine è maestra di vita spirituale e Paolo VI ammonisce: dopo averla celebrata, i cristiani devono imitarla facendo della propria vita un culto a Dio e del loro culto un impegno di vita (MC 21). Con la sua forza attualizzante, la Liturgia pone dinanzi agli occhi dei fedeli la figura di Maria come sublime modello da imitare. Si tratta di virtù solide ed evangeliche: la fede e l’accoglienza della Parola di Dio; l’obbedienza generosa; l’umiltà schietta e la carità sollecita; la sapienza riflessiva e la pietà verso Dio; la fortezza nell’esilio e nel dolore; la povertà dignitosa e fidente in Dio; la vigile premura verso il Figlio dalla culla alla morte ignominiosa della Croce; la delicatezza previdente; la purezza verginale; il forte e casto amore sponsale (MC 57).

La celebrazione delle feste della Vergine, lunghi dall’essere alienante dai problemi vitali è, dunque, stimolo a passare dal culto liturgico all’impegno di vita; a risolvere i nostri problemi come lei è riuscita a farlo. Solo nella palestra della vita si può comprendere come si sono celebrate in verità, dando culto a Dio e santificando noi, le feste mariane.

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